Non dove lavori ma come lavori: offrire un’esperienza lavorativa di senso
Perché la cultura è una leva organizzativa strategica per le organizzazioni
Viviamo in tempi in cui i modelli tradizionali si sono sgretolati e i paradigmi organizzativi evolvono profondamente e in modo continuativo. Il binomio 2020-2021 è stato spartiacque rispetto alle modalità di lavoro, alle aspettative delle persone e alle pratiche manageriali. E ha avuto effetti duraturi.
Il lavoro non è più solo un luogo presso cui ci rechiamo, ma un’esperienza sul cui senso ci interroghiamo.
Per recuperare questo senso, tra tutte le leve organizzative a disposizione ce n’è una che, se ben compresa e attivata, ha il potere di generare valore duraturo, attrattività e performance soddisfacenti: la cultura.
I bias attorno alla cultura e il suo valore strategico
Per molto tempo la cultura è stata vista come una tematica soft, un nice-to-have a piè della lista di priorità più stringenti. Un tema reputato appannaggio quasi esclusivo della funzione HR, adatto a presentazioni ispirazionali ma poco utile a incidere realmente sui risultati aziendali. Il focus erano i numeri, i processi, i KPI.
La cultura? Bella, ma non misurabile. Non strategica. Non urgente.

Fonte: OpenKnowledge
Sfatiamo qualche mito.
La cultura esiste anche se non lo sai.
Ogni organizzazione ne possiede una perché qualsiasi gruppo di persone pensa e agisce in base a un set di valori e convinzioni più o meno condivise. Quindi, la cultura esiste anche quando non è esplicita, anche quando non è dichiarata o nessuno la gestisce.
È concreta e osservabile.
Si manifesta nei comportamenti che abbiamo, nei linguaggi che adottiamo, nel modo in cui ci relazioniamo e abitiamo lo spazio fisico e digitale. È l’espressione tangibile di valori, cre-denze, mindset condivisi.
Influenza le performance.
Ossia la capacità dell’organizzazione di realizzare una strategia. La cultura modella le deci-sioni, orienta le priorità, definisce il modo in cui si lavora: per questo, impatta la produttività, l’innovazione e persino il clima emotivo interno. In altre parole: impatta gli economics.
Oggi, ce lo dicono anche i numeri.

Fonte: SHRM, The State of Global Workplace Culture in 2024
In un’epoca di job-hopping e post-retention – dove le persone costruiscono percorsi professionali fluidi, guidate non più dalla lealtà verso un’organizzazione, bensì dalla lealtà verso loro stesse, da interessi personali e da una ricerca individuale di senso – trattenere il talento è un’idea obsoleta e anacronistica. Piuttosto, le organizzazioni dovrebbero concentrarsi su come attrarlo e valorizzarne la collaborazione nel momento in cui è più utile e generativo per entrambi.
In questo contesto, la cultura è una leva organizzativa concreta e misurabile e genera un terreno fertile per offrire un’esperienza lavorativa significativa e trasformativa.
La cultura come collante organizzativo
Ricerche risalenti a quest’anno dimostrano come non ci sia una discrepanza rilevante tra modello di lavoro in presenza e modello ibrido o da remoto rispetto alla valutazione dei dipendenti su collaborazione, connessione, innovazione mentorship e formazione.
Come organizzazione, quindi, non ha più senso interrogarsi solo su dove si lavora. I quesiti chiave sono come e perché si lavora.
Non è più questione di spazi, ma di luoghi. In inglese la distinzione è chiara: dallo space – fisico, tangibile, attraversabile – siamo passati al place, uno spazio relazionale e simbolico che genera significato, motivazione e senso di appartenenza.
Il luogo di lavoro, oggi, è un ecosistema. E la cultura è il suo sistema operativo.

Fonte: OpenKnowledge
La cultura diventa così il vero collante dell’organizzazione: è in grado di tenere insieme persone, team, processi e obiettivi travalicando i confini fisici dello spazio e garantendo un funzionamento organizzativo armonioso e sostenibile.
Agendo su tre dimensioni integrate:
- Individuale: come interpreto il mio ruolo, prendo decisioni, mi relaziono al lavoro,
- Sociale: come collaboriamo, comunichiamo, ci riconosciamo come gruppo,
- Ambientale: come abitiamo e utilizziamo gli spazi, fisici e digitali,
la cultura fornisce una direzione e funge da pilota automatico dell’organizzazione, definendo come essa pensa, agisce e performa collettivamente. Nutre l’esperienza di senso, genera coesione e rende le strategie effettivamente attuabili.
Abilitare una cultura efficace
Non esiste una formula magica, né una cultura, buona, cattiva o perfetta, che sia valida per ogni organizzazione.
Ogni intervento culturale è un lavoro di precisione, da calibrare sul contesto, sull’identità e sugli obiettivi specifici dell’organizzazione. Le leve da attivare per realizzare un cambiamento nei modi di pensare e di operare delle persone – e, quindi, della loro esperienza lavorativa a 360 gradi – sono molteplici, così come le dimensioni da considerare: individuale, sociale, ambientale.
DECODE – Decifrare il sostrato culturale
Per agire sulla cultura, dobbiamo prima comprenderla. Anzi, comprenderle.
Spesso in un’organizzazione convivono più sotto-culture: i gruppi di persone al suo interno orchestrano i loro comportamenti in base a set di valori e convinzioni condivise e la coesistenza di più modi di pensare e di lavorare, se da una parte è fonte di ricchezza e innovazione, dall’altra può avere impatti negativi sulla capacità dell’organizzazione di seguire la propria strategia e ottenere i risultati attesi.
In primis, è quindi fondamentale decodificare come le persone pensano, agiscono, decidono, collaborano, analizzando le dinamiche individuali, sociali e ambientali per identificare leve, barriere e aree di rischio.

Fonte: OpenKnowledge
ORIENT – Dare forma intenzionale all’evoluzione culturale
La cultura, se non la progetti, si progetta da sola.
In modo spontaneo, caotico, a volte disfunzionale. Orientarla significa invece guidare con cognizione il funzionamento dell’organizzazione in modo coerente con l’identità dell’azienda e con i suoi obiettivi.
Questo non si traduce meramente in un elenco di valori sul manifesto, che è l’emanazione sintetica e visuale di un pensiero articolato a riguardo, ma implica il doverli tradurre in comportamenti, rituali e pratiche quotidiane concrete, osservabili e valutabili nella loro coerenza con gli intenti strategici.
Progettare un intervento culturale significa (ri)disegnare un sistema coerente che guidi l’azione organizzativa a livello sistemico e che valorizzi allo stesso tempo la dimensione del singolo, che è fatta di attitudini, peculiarità e potenzialità individuali.

Fonte: Openknowledge
ACTIVATE – Passare dalla dichiarazione all’azione
Perché non rimanga semplicemente uno statement, una cultura va messa in azione nei comportamenti, nelle dinamiche relazionali e nell’efficacia decisionale con iniziative concrete, che incidano nel modo in cui le persone lavorano, collaborano, decidono.
Per questo, accompagniamo le organizzazioni attraverso veri e propri piani di attivazione culturale e change management: esperienze, artefatti, rituali, simboli, formazione, comunicazione interna, nuovi processi e strumenti che supportano il cambiamento desiderato.

Fonte: OpenKnowledge
Qualche spunto da considerare nel (ri)pensare la workplace experience
La dimensione sociale deve essere intenzionale
Con il venir meno della dimensione fisica dell’ufficio come variabile certa, le connessioni umane, un tempo serendipiche e conseguenze scontate della condivisione degli spazi, oggi devono essere un obiettivo progettuale. Non succedono più da sole: vanno abilitate.
Leadership e fiducia consentono di gestire una più alta flessibilità
Il contesto è sempre più fluido e l’antitesi a paradigmi rigidi e controllanti, che si fondano sull’osservabilità delle persone a lavoro, è fatta di una cultura fondata su stili di leadership e pratiche manageriali ad alta fiducia e responsabilità diffusa, che generalmente consentono alle persone più alti livelli di flessibilità sulla scelta del luogo di lavoro e garantiscono co-munque comportamenti positivi e performance concrete.
Lo spazio deve diventare una proxy della cultura
Lo spazio — fisico, digitale, simbolico — è un medium narrativo. Il modo in cui è progettato e in cui lo abitiamo può raccontare chi siamo, favorire connessioni e pratiche collaborative, in-fluenzare la motivazione e il senso di appartenenza. In altri termini, diventa strumento fondamentale per rafforzare la cultura esistente o per cambiare la cultura di un luogo di lavoro.
La cultura diventa, quindi, il driver chiave che permea anche la dimensione spaziale e attorno al quale riprogettare un’esperienza lavorativa efficace, significativa e soddisfacente per le persone.
Autrice
Silvia Basilico