Employee Social Responsibility

La partecipazione dei collaboratori nella strategia di sostenibilità aziendale
 

13 Luglio 2022 7 min.

Introduzione

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta nel 2015 dai 193 membri dell’ONU, rappresenta oggi il quadro di riferimento globale in tema di sostenibilità. Ad essa istituzioni, cittadini e, non da ultimo, aziende pubbliche e private, si ispirano per ideare e mettere in atto strategie con al centro la responsabilità sociale.

Quando parliamo di responsabilità sociale d’impresa, oggi, parliamo di progetti di sostenibilità sociale e ambientale con un impatto tangibile, azioni virtuose per il bene comune. Spesso però sono il frutto di strategie che nascono nelle “stanze dei bottoni” e che non coinvolgono i dipendenti attivamente.

E se invece i collaboratori fossero al centro della strategia e co-autori?

Quanto le aziende sono consapevoli che le proprie persone desiderano su questi temi essere sempre più interpellate e coinvolte?

Coinvolgere direttamente gli employee, anche nella definizione del posizionamento aziendale in tema di sostenibilità, significa trasformare la workforce da stakeholder passivo a forza propulsiva capace di generare valore sociale ed economico. In OpenKnowledge ci siamo immaginati un nuovo approccio integrato ai temi della sostenibilità, che abbiamo chiamato “Employee Social Responsibility” con l’obiettivo di dare spessore alle potenzialità insite nella partecipazione dei dipendenti, che si sostanziano in una maggiore efficacia della strategia di sostenibilità, ora supportata da tutte le persone dell’organizzazione, e nell’empowerment dell’employee all’interno dei processi decisionali.

Da brand ad employee activism: un oceano blu per le organizzazioni

Quando si parla di responsabilità sociale si intendono comprese tre diverse dimensioni: il rispetto per ambiente e territorio (Environmental), l’attenzione per la componente sociale (Social) e la gestione o amministrazione ispirata a buone pratiche e a principi etici (Governance).

I criteri ESG contribuiscono a creare un ecosistema virtuoso in cui il profitto non è necessariamente in contrasto con la salvaguardia dell’ambiente e dell’inclusione sociale ma, al contrario, si fonde con il concetto generale di sostenibilità.

Per le organizzazioni, la strutturazione di un business rispettoso dei fattori ESG rappresenta un’area di opportunità per attrarre investimenti e non solo. Anche la corporate reputation (49%) e la talent attraction e retention risultano fortemente impattate dal comportamento dell’azienda in riferimento alle dimensioni di sostenibilità.

I dati mostrano come soprattutto le giovani generazioni nutrano un vivo interesse per le imprese che investono in sostenibilità. Un terzo dei millennial e il 19% della Gen Z dichiara di tenere in considerazione i fattori ESG nelle proprie decisioni di investimento e nella valutazione di un datore di lavoro: il 67% dichiara di scegliere e di mantenere un impiego in base alla prospettiva di crescita e alle politiche di inclusività che esso offre; il 63% in base al tasso di sostenibilità sociale, ambientale e gender equality; il 60% in base al peso dato alla promozione delle diversità.

Risulta essere fondamentale il purpose dell’azienda che, come sottolineato dal World Economic Forum, rappresenta “lo strumento più potente a disposizione delle organizzazioni per soddisfare le esigenze intrinseche dei nuovi talenti”: secondo un’indagine condotta da LinkedIn, il 52% dei candidati dichiara che non accetterebbe un’offerta di lavoro se non conoscesse o non condividesse la mission e la vision di un’azienda.

Nel contesto della responsabilità sociale il purpose può evolvere nel brand activism, ovvero nella partecipazione attiva dell’organizzazione al raggiungimento del bene comune. Non più solamente rispetto di princìpi etici orientati al profitto, bensì un’azione finalizzata al soddisfacimento di esigenze sociali esterne alla produzione e al commercio.

Un cambio di prospettiva importante, che può acquisire ulteriore valore se l’azione del brand si dimostra capace di integrare efficacemente la volontà di partecipazione degli employee alla strategia complessiva. Essi, infatti, sono sempre più alla ricerca di ambienti di lavoro che esprimano una cultura chiara e in linea con le loro convinzioni personali; vogliono sentirsi parte dell’organizzazione anche dal punto di vista valoriale e sono disposti a mobilitarsi per influenzare le politiche aziendali, in una forma di attivismo nuova e spontanea che prende il nome di employee activism. In questo senso i maggiori propulsori del fenomeno sono i giovani; lo dimostra la ricerca condotta da Weber Shandwick, azienda globale di comunicazione e marketing, che ha indagato la percezione che gli employee hanno rispetto al loro stesso attivismo. Il 72% dei millennial intervistati pensa di poter generare un cambiamento sociale con le proprie azioni e, anche in virtù di questa considerazione, si sente più determinato ad accogliere le responsabilità sociali rispetto alle fasce di popolazione con età più elevata.

A seguire alcuni casi noti a testimonianza di questo fenomeno, tra i più rappresentativi riportiamo il caso di 32.000 studenti francesi di oltre 300 università che hanno firmato un impegno a lavorare solo per aziende attente all’ambiente e il caso degli oltre 1.000 dipendenti di Google in tutto il mondo che hanno inscenato una manifestazione di protesta contro la cattiva condotta e la mancanza di trasparenza della loro organizzazione, ritenuta responsabile del mancato rispetto del purpose condiviso. Altro caso noto è quello di Amazon, dove cui i dipendenti si sono esposti in maniera molto severa e decisa contro gli impatti ambientali causati dall’azienda.

ESR: la centralità del dipendente nella definizione della strategia aziendale

L’attivismo e la propensione alla partecipazione dei collaboratori, quando opportunamente gestiti, possono portare un vantaggio competitivo per le organizzazioni: la scelta di integrare i dipendenti nelle decisioni in tema di sostenibilità rappresenta un’opportunità di coinvolgimento che può tradursi in maggiore efficacia della strategia sostenibile e in un più alto livello di ingaggio. Per dare concretezza a questo quadro di possibilità è però necessario modificare il modus operandi classico, evolvendo l’approccio tradizionale alla responsabilità sociale.

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Il modello comunemente adottato prevede una pianificazione e uno sviluppo della strategia di sostenibilità di tipo top-down; i vertici aziendali prendono decisioni che impattano sui vari stakeholders, i quali rimangono soggetti passivi all’interno del processo. Inoltre, l’attenzione verso i portatori di interesse esterni (società, finanziatori, clienti) e quelli interni (dipendenti) è diversa, figlia di una visione anacronistica per cui solo i primi sono considerati in grado di incidere sul successo economico dell’organizzazione. Oggi intendere le dimensioni interna ed esterna come nettamente separate non è realistico, vi è infatti una forte continuità e interdipendenza fra questi due ambiti, entrambi determinanti per i risultati dell’impresa. Se a questo si aggiungono le opportunità derivanti dal coinvolgimento diretto dei collaboratori di cui si è parlato in precedenza, risulta strategico modificare l’approccio tradizionale alla sostenibilità, facendolo evolvere verso un modello più partecipativo: l’Employee Social Responsibility.

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Come mostra la figura 2, la posizione dei collaboratori nel processo di strategy development cambia in modo significativo; essi infatti concorrono, insieme al top management, a progettare e sviluppare la strategia di sostenibilità complessiva, che si declinerà sui vari target in modo coerente e ugualmente incisivo.

Nel nuovo modello una parte centrale è dedicata all’ascolto, che consente non solo di attivare e coinvolgere le persone portandole a bordo del processo fin dalle fasi iniziali, ma anche di comprenderne le motivazioni e strutturare, di conseguenza, una strategia che si dimostri a esse conforme.

Il primo step della roadmap progettuale consiste proprio nella comprensione dello stato As Is, ovvero della posizione dei collaboratori rispetto alla sostenibilità. Attraverso una survey viene tracciata la ESR readiness, ovvero vengono misurati il livello di interesse e di preparazione degli employee sui temi sostenibili, e viene acquisita la loro predisposizione a mettere in pratica comportamenti virtuosi e a esserne promotori verso gli altri. Parallelamente, viene ascoltato il management per definire la vision, ossia il posizionamento dell’organizzazione in ottica futura e in relazione ai temi di responsabilità sociale.

A partire da queste due dimensioni, As Is e To Be, alla cui delineazione ha dunque concorso tutta la platea aziendale, è possibile fare emergere le priorità strategiche su cui concentrarsi: è il momento di definire le challenge, ovvero gli obiettivi di sostenibilità di medio periodo su cui si focalizzeranno le energie dell’organizzazione, ed è successivamente elaborata la roadmap di sviluppo. A valle della definizione del piano di azione, vengono coinvolti nuovamente gli employee per costruire, con il supporto di strumenti di co-design pensato ad hoc, le singole iniziative di comunicazione e ingaggio attraverso le quali la strategia sarà realizzata.

L’obiettivo è di creare un percorso di progressivo coinvolgimento in merito alla sostenibilità, partendo da una modalità comunicativa di tipo informativo, volte a generare consapevolezza comune, per poi passare a iniziative maggiormente collaborative. Per trasmettere i principali key point e i valori legati al progetto di sostenibilità, ad esempio, possono essere realizzate attività di semplificazione dei dati più complessi attraverso tecniche di information design, al fine di tradurli in materiali più facilmente assimilabili. Dopo aver veicolato gli elementi fondamentali per creare un terreno di conoscenza condivisa, è poi possibile coinvolgere il target in attività con un più alto valore di ingaggio: eventi sostenibili, workshop di definizione del Manifesto della sostenibilità, percorsi di engagement o formazione in logica gamificata ecc. sono alcune delle modalità che è possibile attivare per consentire l’interiorizzazione degli aspetti più rilevanti del progetto.

Il percorso di attivazione graduale raggiunge il suo apice quando i valori della sostenibilità nel contesto organizzativo sono resi tangibili dalle sue persone, che spontaneamente mettono in pratica comportamenti virtuosi, per esempio diventando ideatori di nuove soluzioni sostenibili (ideas generation), e si fanno promotori di quei valori verso gli altri (employee ambassadorship).

Conclusione

Le organizzazioni si trovano di fronte a stimoli sempre nuovi, che rappresentano al tempo stesso sfide e opportunità. Fra le dinamiche più significative oggi, non si può non considerare il desiderio di partecipazione degli employee; una volontà di coinvolgimento a tutto tondo, tanto più forte quanto più rilevanti e sentiti sono i temi in relazione ai quali questa volontà si manifesta. Saper integrare la partecipazione attiva dei collaboratori nei processi decisionali riferiti alla responsabilità sociale costituisce una leva strategica per creare allineamento fra l’organizzazione e le sue persone e per generare engagement, entrambi elementi fondamentali per affrontare il presente con spirito di comunità e procedere uniti verso la stessa direzione.

Autori

Mascia Mazzanti e Evelyne Rossi

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